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Mostra fotografica ROBERT CAPA IN ITALIA                                  29 MAR. 2015

Domenica 29 marzo alcuni soci del Circolo fotografico Carpediem si sono dati appuntamento allo Spazio Oberdan di Milano per ammirare la mostra fotografica dal titolo ROBERT CAPA IN ITALIA.

La mostra non molto affollata e anche per questo molto godibile, ci ha fatto ammirare il rigore compositivo del maestro che nonostante i mezzi dell’epoca e i luoghi che amava fotografare restano ancora un riferimento per tutti. Le 78 immagini in bianco e nero scattate nel biennio 1943 – 44 ripercorrono gli attimi drammatici dello sbarco degli Alleati in Italia attraverso gli occhi di colui che è considerato il padre del fotogiornalismo; colui che ha saputo guardare da vicino gli eventi, affiancandosi al dolore: "se le tue fotografie non sono all'altezza, non eri abbastanza vicino" diceva Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann fotografo Ungherese.

In generale, nelle foto, si nota una guerra fatta di gente comune, di piccoli paesi ridotti in macerie, di soldati e di civili vittime di una stessa strage, tutto trattato con la stessa solidarietà che gli permetteva, secondo i commentatori venuti dopo di lui, di fermare la paura, l'attesa, l'attimo prima dello sparo, il riposo, la speranza. Non c’è retorica e non ci sono vincitori nella guerra di Capa ma si viene spinti dentro il cuore del conflitto.

Quello che si scopre e impressiona e la sua storia legata al doppio filo con la sua passione. La passione per la fotografia del raccontare, del raccontare la guerra (5 guerre sul campo contraddistinguono la sua biografia). La sua passione e la sua vita, con la guerra e nella guerra ha condiviso l’amore con Gerda Taro (con lei fotografa la guerra civile spagnola che li rendono famosi)e la perdita di esso (Gerda Taro pseudonimo di Gerta Pohorylle muore alle porte di Brunete nella guerra civile spagnole). La guerra lo porta a morire nel 1954 durante la Prima Guerra d'Indocina. Al seguito di una squadra di truppe francesi, sulla via del ritorno dopo aver evacuoto e distrutto due fortini, scattò le ultime immagini prima dell'incidente che gli costò la vita; salì su un terrapieno sulla destra per fotografare una colonna in avanzamento nella radura e qui posò il piede sulla mina che lo uccise.

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